L’Aoup è in prima linea, tra le aziende sanitarie toscane, nell’offrire ai pazienti la possibilità di esprimere un giudizio sulla qualità dei servizi loro offerti durante il ricovero.
L’Azienda è infatti seconda solo alla Fondazione Monasterio quanto a numero dei reparti coinvolti che, nel 2020, sono stati il 95,9% di quelli che fanno ricoveri ordinari, mentre la media regionale è del 73,6%. Elevata anche la percentuale di coloro che hanno poi hanno risposto alle domande proposte: il 30,6%, a fronte di una media toscana del 15,6.

L’indagine è stata promossa dal Laboratorio Mes della Scuola Sant’Anna di Pisa che ha implementato due modelli: Proms (Patient Reported Outcome Measures), che individua gli outcomes (sintomi, dolore, funzionalità, condizioni psico-fisiche) realmente rilevanti per il paziente; Prems (Patient Reported Experience Measures) che raccoglie direttamente, online, l’esperienza vissuta dai pazienti durante il ricovero ospedaliero.
Nel caso del Prems non viene preso in considerazione un campione statisticamente significativo di utenti da cui trarre considerazioni generali, ma l’intera platea dei ricoverati: si punta quindi, in prospettiva, all’adesione di tutti i pazienti. L’offrire a tutti la possibilità di esprimere il proprio parere, rispondendo online, permette di non attendere l’elaborazione dei dati raccolti, magari fatta di anno in anno, ma di avere pressoché in tempo reale l’opinione dei pazienti.
Il questionario è composto da 41 domande divise in 10 sezioni, che spaziano su tutti gli aspetti del ricovero, a partire dal momento in cui il paziente è entrato in ospedale. Ne proponiamo alcune, tra le più significative. Alla domanda: E’ stato accolto con gentilezza e cortesia dal personale del reparto? il 90,01% ha risposto si, completamente, l’8,93% si, in parte, e solo l’1,06% non si è sentito accolto adeguatamente. Altro aspetto fondamentale è la capacità dei sanitari di illustrare ai pazienti il percorso di cura che viene adottato e, anche in questo caso, le risposte sono state incoraggianti. Alla domanda: Durante il ricovero le risposte dei medici alle sue domande sono state chiare?, il 93,71% ha considerato esaurienti le risposte dei medici e il 92,54% quelle degli infermieri.
Il questionario lascia spazio anche a un testo libero, nel caso in cui i pazienti vogliano esprimersi su aspetti non presi in considerazione dalle domande. In molti casi sono state rimarcate gentilezza e professionalità di singoli medici e infermieri, ma un tema su cui molti pazienti si sono soffermati è la qualità del vitto, ben poco apprezzata. Anche un altro aspetto del comfort ospedaliero risulta migliorabile. Alla domanda Il reparto (stanza, bagno, corridoi, altri spazi comuni ecc) era silenzioso? l’11,81% ha risposto per niente o poco.
Ma alla domanda che possiamo considerare conclusiva – Come valuta complessivamente l'assistenza ricevuta in reparto? – ben il 65,06% l’ha giudicata ottima, il 28,91 buona, il 4,36 sufficiente e solo l’1,13 scarsa o addirittura pessima.
“Sono certa – sottolinea Silvia Briani, direttore generale dell’Aoup – della bontà dello strumento offerto dal Laboratorio Mes: non a caso ho voluto che la diffusione – direi a tappeto – del questionario diventasse un obiettivo di budget per ogni reparto. Tra i tanti aspetti toccati dal questionario voglio soffermarmi in particolare su uno, che ai miei occhi, in un anno segnato dalla pandemia, dà il segno dell’umanità e della capacità empatica dei nostri medici e dei nostri infermieri. Alla domanda Durante il suo ricovero è stato semplice per i suoi familiari (o persone a lei vicine) avere informazioni sulle sue condizioni di salute? quasi il 90% ha risposto in maniera affermativa. Ne sono orgogliosa”.
E’ molto soddisfatta dei risultati dell’indagine del Laboratorio Mes anche Monica Scateni, direttore del Dipartimento delle professioni infermieristiche e ostetriche. “Il personale infermieristico – spiega Scateni – passa tantissimo tempo accanto ai pazienti, e considero davvero un successo verificare come sappia unire alla professionalità una capacità di relazionarsi che diventa, essa stessa, una parte fondamentale della terapia”.