Oggi ricorre la Giornata mondiale della malattia di Chagas

Oggi, 14 aprile, ricorre la Giornata mondiale della Malattia di Chagas (CD-Chagas Disease), o tripanosomiasi americana, così come stabilito nel 2019 dalla 72a assemblea mondiale dell’OMS-Organizzazione mondiale della sanità.
Si stima che tra i 6 ed i 7 milioni di persone - per la gran parte residenti in 44 Paesi, soprattutto dell’ America latina ma anche di altri 4 Continenti - siano infettate da Trypanosoma cruzi, l’agente eziologico della CD che, fin dal 2005, è stata inserita nella lista delle malattie tropicali neglette.  La CD era una volta esclusivamente confinata alle aree rurali ma negli ultimi decenni, in seguito all’urbanizzazione ed alle migrazioni, la maggior parte delle persone infettate vive in zone urbane come pure in altri continenti diversi dall’America latina.
Dopo l’infezione, la maggioranza delle persone rimane asintomatica sia nella fase acuta che in quella cronica che generalmente dura per tutta la vita (malattia silente). Tuttavia, fino al 30% degli individui cronicamente infetti sviluppa complicanze cardiache, e fino al 10% gastroenterologiche, neurologiche o forme miste.
La malattia è curabile se il trattamento viene iniziato nelle prime fasi d’infezione. Nella fase cronica la terapia previene o attenua la progressione della malattia come pure la trasmissione verticale dalla madre al feto. Pertanto, la diagnosi ed il trattamento di femmine infettate in età fertile, insieme allo screening dei neonati, rivestono un’importanza cruciale per la riduzione del rischio di trasmissione verticale e di cronicizzazione della malattia.
Si stima però che <10% delle persone con CD riceva una diagnosi appropriata ed un relativo trattamento.
In aree non endemiche, come l’Italia, è sempre più grande il numero di migranti provenienti dall’America Latina e potenzialmente dei malati di CD. Dato l’interessamento dell’apparato digerente, del miocardio e del sistema nervoso centrale nelle fasi croniche della CD, ma anche il rischio di Chagas congenito, i gastroenterologi, i cardiologi, i neurologi ed i ginecologi devono considerare la CD nella diagnosi differenziale o nello screening in soggetti provenienti dalle aree endemiche o nati da madri affette da CD.
Esiste anche un rischio di CD trasfusionale. L’Aoup, grazie alla collaborazione tra il programma monitoraggio delle parassitosi e formulazione di algoritmi diagnostici (responsabile, il professore Fabrizio Bruschi) e la Sezione dipartimentale di Microbiologia micologica (direttore, professoressa Antonella Lupetti) è impegnata dal 2016 nello screening sierologico della CD trasfusionale, previsto per legge dalla fine del 2015, nei donatori di sangue afferenti ai Centri trasfusionali dell’intera area vasta nord-ovest.
Finora sono stati sottoposti a screening oltre 3700 donatori di sangue, il che ha permesso di renderne idonei, grazie alla loro sieronegatività, la maggior parte di essi che hanno potuto così continuare a svolgere quest’azione meritoria.



(pubblicato da Emanuela del Mauro, 14 aprile 2022)