E' uscito oggi il saggio "Pennelli come bisturi. Autopsia psicologica di Edvard Munch (Alpes Italia) di Liliana Dell’Osso, direttore dell'Unità operativa Psichiatria dell'Aoup nonché presidente eletto della Società italiana di Psichiatria, e della psichiatra Daniela Toschi.
La fama planetaria de L’Urlo, una delle opere più iconiche di sempre, per lungo tempo ha oscurato il suo creatore, celandone il travagliato percorso umano e la straordinaria avventura artistica. Alla luce dei numerosi scritti autobiografici, l’imponente produzione figurativa di Edvard Munch, fortemente autorappresentativa (in particolare nelle fasi di maggiore eclatanza clinica), testimonia la consapevolezza e l’introspezione di un’autoanalisi ante litteram. Pensiero divergente, intelligenza sintetica, interessi molteplici e sofisticati (artistici, letterari, scientifici) conferivano alle sue opere profondità di significato e singolare eleganza. Autentico spiritus movens, non aderì a nessun movimento, sentendosi estraneo a ciascuno di essi (pur essendone stato spesso antesignano), sempre oltre, alla ricerca di nuove piste.
“Autopsia”, etimologicamente “vedere con i propri occhi”. Erodoto fu il primo ad adottare il metodo dell’autopsia psicologica (implementandolo con la raccolta attenta delle testimonianze) nelle sue Storie, che intraprese “affinché le vicende degli uomini con il tempo non si sbiadiscano e le imprese importanti e mirabili non perdano la fama”. Edvard Munch, che pose come obiettivo dichiarato della sua opera (e della sua esistenza) la “vivisezione” di se stesso, si è imposto come candidato ideale. Oltre all’analisi della sua produzione artistica, preziose informazioni emergono dai numerosi scritti autobiografici, sparsi in maniera disordinata in un’enorme quantità di fogli e taccuini, che l’artista provò ad organizzare senza mai riuscirci. Alla luce di essi, la sua produzione figurativa appare come un’autobiografia: “I miei quadri sono i miei diari”. Molti dati aggiuntivi provengono da coloro che lo hanno conosciuto e hanno lasciato puntuali testimonianze del “bel vichingo nordico”, un uomo solitario che è rimasto in gran parte un mistero. Una bellezza sorprendente in stracci abbottonati sino al mento, dall’aria di un nobile orgoglioso, anche quando stava morendo di fame. C’era in lui l’innocenza di un bambino, ed anche un incredibile complessità.
Il metodo dell’autopsia psicologica ha consentito di chiarire la complessa traiettoria di malattia mentale nel suo intrecciarsi con eventi traumatici personali e sociali e di avanzare interpretazioni diagnostiche inedite su una delle più significative figure dell’arte del Novecento.

Pisa, 24 febbraio 2023